Lo scorso 28 luglio, il Consiglio dei Ministri ha varato la bozza di decreto legislativo recante l’attuazione della legge delega di riforma del processo civile (L. 206/2021).

Gli obiettivi, delineati in modo chiaro ed esplicito nel primo comma dell’art. 1 della legge delega, si pongono in linea con gli impegni assunti dall’Italia nei confronti dell’Unione Europea nell’ambito del PNRR: semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile, al fine di ridurre del 40% i tempi dei procedimenti, senza, però, pregiudicare la garanzia del contraddittorio.

Gli interventi di riforma – destinati ad acquistare efficacia entro il secondo trimestre del 2023 – hanno riguardato anche le liti condominiali, che, negli ultimi anni, hanno assunto proporzioni rilevanti.

In particolare, le misure introdotte al fine di snellire tale tipologia di contenzioso sono due.

La prima inerisce il procedimento di mediazione, istituto che, introdotto con il D.lgs. n. 28/2010, mira a ridurre il flusso di cause in ingresso nel “circuito giustizia”, offrendo al cittadino uno strumento più semplice e rapido per la risoluzione delle controversie.

Imposta come condizione di procedibilità, la mediazione in materia condominiale costituisce un’importante “fetta” (nel primo trimestre del 2022, ben l’11%) dei procedimenti che vengono avviati avanti gli organi di mediazione e, pertanto, un ambito rilevante in cui intervenire onde perseguire le finalità di semplificazione e speditezza proprie della “Riforma Cartabia”.

Ed invero, è evidente come le modifiche apportate alla disciplina applicabile all’amministratore di condominio siano volte proprio a rendere più efficiente la relativa partecipazione al procedimento in esame, semplificando le regole fino ad oggi dettate dall’art. 71-quater disp. att. c.c.

Difatti, il novello articolo 5-ter del D.lgs. n. 28/2010, rubricato “Legittimazione in mediazione dell’amministratore di condominio”, è stato introdotto al fine di permettere all’amministratore di attivare un procedimento di mediazione, aderirvi e parteciparvi, sottoponendo all’approvazione dell’assemblea, a seconda dei casi, il solo verbale contenente il testo dell’accordo di conciliazione individuato dalle parti o la proposta conciliativa del mediatore.

La compagine condominiale dovrà quindi manifestare la propria volontà – con le maggioranze previste dall’art. 1136 c.c. – esclusivamente in merito alla proposta di accordo finale e non più rispetto ad ogni passaggio della procedura.

Il secondo intervento in materia condominiale ha, invece, riguardato la disciplina della sospensione dell’esecuzione delle delibere condominiali: il legislatore ha difatti sancito che, laddove la sospensione delle decisioni dell’assemblea sia stata ottenuta in sede cautelare, l’eventuale mancata instaurazione o estinzione del giudizio di merito non determini l’inefficacia del predetto provvedimento cautelare.

Il perseguimento della finalità di deflazione del contenzioso è, anche in tal caso, evidente: come specificato nella relazione illustrativa del decreto, infatti, molto spesso, l’attore, dopo avere ottenuto il provvedimento cautelare con il quale è stata disposta la sospensione dell’esecuzione della deliberazione, “non ha un reale interesse alla decisione di merito diverso da quello costituito dalla necessità di ‘stabilizzare’ gli effetti della decisione cautelare”.

Orbene, con tale modifica si vorrebbe evitare un’inutile duplicazione dell’accertamento giudiziale, dando per presupposto che il condomino istante non sia portatore di alcuna ulteriore domanda.

In realtà, tale intervento sembra aver trascurato le numerose statuizioni – ripristinatorie, restitutorie e risarcitorie – a cui il condomino spesso ambisce e dallo stesso ottenibili solo in sede di giudizio di merito.

Parimenti, le eventuali – ma assai frequenti – resistenze del condominio possono costituire un rilevante ostacolo al perseguimento della finalità di deflazione: poiché la riforma mantiene ferma la facoltà di ciascuna parte di instaurare il giudizio di merito, il condominio, soccombente nel procedimento cautelare, potrebbe, difatti, voler promuovere la cognizione ordinaria onde tentare di ottenere una differente risoluzione della controversia.

 

Dott.ssa Mariachiara Ceriani

 

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