LA DIVISIONE DELL’EREDITA’

 

La comunione ereditaria è la situazione di contitolarità dei beni ereditari che si instaura tra gli eredi, che hanno accettato l'eredità.

Le regole da applicarsi sono quelle che disciplinano la comunione in generale, ovvero gli articoli 1100 ss. del codice civile.

Tuttavia, se l’art. 1103 c.c. consente a ciascun partecipante di alienare liberamente la propria quota, nella comunione ereditaria l’art. 732 c.c. stabilisce che il coerede, che voglia alienare la sua quota o una parte di essa, debba notificare la proposta di alienazione agli altri coeredi indicandone il prezzo, onde consentire loro l’esercizio del diritto di prelazione.

In tal modo, il legislatore mira ad evitare che nei rapporti tra coeredi, che nella maggior parte dei casi sono legati da vincoli di affetto, si possano intromettere estranei animati da un intento speculativo.

Inoltre, si ha prelazione solo quando un coerede trasferisca la propria quota o frazione di essa, e non altresì quando trasferisca singoli beni.

Difatti, in tale ultimo caso, l'alienazione ha effetti puramente obbligatori, rimanendo subordinata alla condizione dell'assegnazione del bene (ovvero della sua quota parte) al coerede medesimo attraverso la divisione, come chiarito dalla giurisprudenza.

La vendita di un bene, facente parte di una comunione ereditaria, da parte di uno solo dei coeredi, ha solo effetto obbligatorio, essendo la sua efficacia subordinata all'assegnazione del bene al coerede - venditore attraverso la divisione; pertanto, fino a tale assegnazione, il bene continua a far parte della comunione e, finché essa perdura, il compratore non può ottenerne la proprietà esclusiva.” (Cass. civ. Sez. VI - 2 Ord., 23-02-2018, n. 4428).

Precisato quanto sopra, la comunione cessa con la divisione, ovvero con l’atto mediante il quale i coeredi ottengono la titolarità esclusiva su una parte determinata del bene, o dei beni che erano comuni, corrispondente per valore alla quota spettante nello stato di indivisione.

Invero, ogni partecipante alla comunione ha il diritto di chiederne lo scioglimento, ai sensi degli artt. 713 e 1111 c.c.: se tale scioglimento ha luogo con l’accordo di tutti gli altri partecipanti, non sorge alcun problema e si procederà con la divisione volontaria ovvero negoziale.

Diversamente, se la divisione non può aver luogo a causa del mancato accordo delle parti, ciascuna di esse potrà esercitare un’apposita azione, destinata a sfociare nella c.d. divisione giudiziale.

Secondo l’interpretazione prevalente, la divisione ha natura dichiarativa ed effetto retroattivo, con la conseguenza che ogni coerede è ritenuto solo ed immediato successore nei beni costituenti la quota e si considera come se non avesse mai avuto la proprietà degli altri beni ereditari.

Nel caso in cui ad uno dei coeredi venga assegnato l’unico immobile indivisibile ai sensi dell’art. 720 c.c. su cui cadeva la comunione ereditaria, e all’altro coerede venga attribuito il diritto al conguaglio in denaro ex art. 728 c.c., l’acquisto della proprietà a favore dell’uno non è subordinato al pagamento del conguaglio.

Se la divisione avviene su accordo delle parti, il contratto di divisione deve essere concluso in forma scritta ad substantiam ai sensi dell’art. 1350 n. 11 c.c. ed è soggetto a trascrizione ex art. 2646 e 2685 c.c., sempre che riguardi beni immobili o mobili.

Inoltre, la divisione è nulla quando non vi abbiano partecipato tutti i coeredi, a meno che il contratto abbia ad oggetto lo scioglimento della comunione ereditaria nei confronti di uno solo dei coeredi.

In materia di comunione ereditaria, è consentito ai comproprietari, nell'esercizio della loro autonomia negoziale, di pattuire lo scioglimento nei confronti di uno solo dei coeredi, ferma restando la situazione di comproprietà tra gli altri eredi del medesimo dante causa: tale contratto, con cui i coeredi perseguono uno scopo comune, senza prestazioni corrispettive, non determinando direttamente lo scioglimento della comunione, non configura una vera e propria divisione, per la cui validità soltanto è necessaria la sottoscrizione di tutti i coeredi, ma un contratto plurilaterale, immediatamente vincolante ed efficace fra gli originari contraenti e destinato ad acquistare efficacia nei confronti degli assenti in virtù della loro successiva adesione, sempre possibile, salva diversa pattuizione, sino a quando non intervenga un contrario comune accordo o un provvedimento di divisione giudiziale.” (Cass. civ. Sez. II Sent., 09-10-2013, n. 22977).

Viceversa, qualora la divisione avvenga in via giudiziale, il giudizio darà luogo al procedimento di divisione, regolato dagli artt. 784-791 c.p.c., e avrà ad oggetto, da un lato, l’accertamento del diritto che ogni partecipante alla comunione ha allo scioglimento della medesima e, dall’altro lato, l’attuazione in concreto di tale diritto.

Proprio in relazione alla duplicità di oggetto, la legge prevede una disciplina varia e adattabile alle diverse esigenze delle parti, consistente in un ordinario giudizio di cognizione se il diritto alla divisione è controverso, ovvero in un giudizio destinato a svolgersi e a concludersi con forme diverse, qualora la controversia verta soltanto sui criteri e sulle modalità di attuazione della divisione.

Ancora, se non vi è divergenza in relazione al diritto alla divisione e tantomeno alle quote o alle altre questioni pregiudiziali, potrà applicarsi il procedimento di divisione a domanda congiunta disciplinato dall’art. 791 bis c.p.c.[1]

Inoltre, si precisa come l’art. 5 comma 1 bis d.lgs. 28/2010 includa le controversie in materia di divisione tra quelle per le quali è previsto il preventivo esperimento del tentativo di mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Quanto al procedimento, esso ha inizio con la citazione di tutti i soggetti interessati, ricorrendo nel giudizio di divisione una tipica ipotesi di litisconsorzio necessario (art. 784 c.p.c.[2])

In tal caso il litisconsorzio trae origine dalla sussistenza di una situazione sostanziale inscindibile con pluralità di soggetti, i quali devono essere tutti coinvolti nel processo, con la conseguenza che l'individuazione dei condividenti investe la sfera sostanziale.

Trattasi di regola che opera altresì in ipotesi di divisione parziale[3] o a stralcio e pure nel giudizio divisorio incidentale al processo esecutivo.

Ai fini della divisione si procede alla stima dei beni e quindi alla formazione delle porzioni; ciascuno dei coeredi ha diritto ad una parte in natura dei beni mobili ed immobili dell’eredità (art. 718 c.c.), salvo il caso in cui i beni non possano essere divisi e, come tali, dovranno essere venduti all’incanto e il denaro ricavato verrà diviso tra i coeredi (art. 720 c.c.).

Se le porzioni che vengono formate con i beni in natura non corrispondono esattamente al valore delle quote ereditarie, chi ha avuto la porzione di valore eccedente è tenuto a pagare agli altri la differenza in denaro; a garanzia del pagamento dei conguagli, l’art. 2817 n. 2 c.c. concede un’ipoteca legale, detta ipoteca legale del condividente, sopra gli immobili assegnati ai condividenti debitori di tali importi.

La stima dei beni per la formazione delle quote nella divisione ereditaria deve farsi con riferimento al loro stato e valore venale al tempo della divisione.

Formate le porzioni secondo un progetto predisposto dal giudice, o dal notaio delegato dal giudice, si procede all’assegnazione mediante estrazione a sorte, se le quote sono uguali, ovvero all’attribuzione, se esse sono diseguali (art. 729 c.c.).

 

- Avv. Giorgia Colombo -

 

 

[1] Art. 791-bis. Divisione a domanda congiunta.

Quando non sussiste controversia sul diritto alla divisione né sulle quote o altre questioni pregiudiziali gli eredi o condomini e gli eventuali creditori e aventi causa che hanno notificato o trascritto l'opposizione alla divisione possono, con ricorso congiunto al tribunale competente per territorio, domandare la nomina di un notaio ovvero di un avvocato aventi sede nel circondario al quale demandare le operazioni di divisione. Le sottoscrizioni apposte in calce al ricorso possono essere autenticate, quando le parti lo richiedono, da un notaio o da un avvocato. Se riguarda beni immobili, il ricorso deve essere trascritto a norma dell'articolo 2646 del codice civile. Si procede a norma degli articoli 737 e seguenti del presente codice. Il giudice, con decreto, nomina il professionista incaricato eventualmente indicato dalle parti e, su richiesta di quest'ultimo, nomina un esperto estimatore.

Quando risulta che una delle parti di cui al primo comma non ha sottoscritto il ricorso, il professionista incaricato rimette gli atti al giudice che, con decreto, dichiara inammissibile la domanda e ordina la cancellazione della relativa trascrizione. Il decreto è reclamabile a norma dell'articolo 739.

Il professionista incaricato, sentite le parti e gli eventuali creditori iscritti o aventi causa da uno dei partecipanti che hanno acquistato diritti sull'immobile a norma dell'articolo 1113 del codice civile, nel termine assegnato nel decreto di nomina predispone il progetto di divisione o dispone la vendita dei beni non comodamente divisibili e dà avviso alle parti e agli altri interessati del progetto o della vendita. Alla vendita dei beni si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative al professionista delegato di cui al Libro terzo, Titolo II, Capo IV, Sezione III, § 3-bis. Entro trenta giorni dal versamento del prezzo il professionista incaricato predispone il progetto di divisione e ne dà avviso alle parti e agli altri interessati.

Ciascuna delle parti o degli altri interessati può ricorrere al Tribunale nel termine perentorio di trenta giorni dalla ricezione dell'avviso per opporsi alla vendita di beni o contestare il progetto di divisione. Sull'opposizione il giudice procede secondo le disposizioni di cui al Libro quarto, Titolo I, Capo III-bis; non si applicano quelle di cui ai commi secondo e terzo dell'articolo 702-ter. Se l'opposizione è accolta il giudice dà le disposizioni necessarie per la prosecuzione delle operazioni divisionali e rimette le parti avanti al professionista incaricato.

Decorso il termine di cui al quarto comma senza che sia stata proposta opposizione, il professionista incaricato deposita in cancelleria il progetto con la prova degli avvisi effettuati. Il giudice dichiara esecutivo il progetto con decreto e rimette gli atti al professionista incaricato per gli adempimenti successivi.

[2] Art. 784 c.p.c. Litisconsorzio necessario.

Le domande di divisione ereditaria o di scioglimento di qualsiasi altra comunione [c.c. 713, 1111, 2711] debbono proporsi [c.c. 375, n. 3] in confronto di tutti gli eredi o condomini e dei creditori opponenti se vi sono [c.c. 1113, 2646; c.p.c. 12, 22, 23, 102].

[3] Cass. civ. Sez. II, 08-04-2016, n. 6931: “Il principio dell'universalità della divisione ereditaria non è assoluto ed inderogabile ed è possibile una divisione parziale, sia quando al riguardo intervenga un accordo tra le parti, sia quando, essendo stata richiesta tale divisione da una delle parti, le altre non amplino la domanda, chiedendo a loro volta la divisione dell'intero asse. In definitiva, la divisione parziale tra comproprietari è ammissibile quando essi vi consentano o quando formi oggetto di domanda giudiziale che nessuna delle parti estenda, chiedendo la trasformazione, in porzioni concrete, delle quote dei singoli comproprietari sull'intero asse.

 

 

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