25 maggio 2020

Il 20 maggio 2020 l’Inail ha pubblicato una nuova circolare con l’obiettivo di fornire chiarimenti in merito alla tutela infortunistica da Covid-19 in occasione di lavoro, tenuto conto del tanto discusso art. 42 comma 2 del Decreto Cura Italia, poi convertito dalla Legge 24 aprile 2020 n. 27.
Ricordo, a beneficio di tutti, come il suddetto articolo così disponga: “Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS-Cov-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’NAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunio. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti dell’allegato 2 al Decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali del 27 febbraio 2019, recante “Modalità per l’applicazione delle tariffe 2019. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati.
La circolare da ultimo diramata precisa i criteri e la metodologia adottati dall’Istituto per ammettere a tutela i casi di contagio da nuovo coronavirus avvenuti in occasione di lavoro, chiarendo altresì le condizioni per l’eventuale avvio dell’azione di regresso.
A tal proposito, emerge che, in assenza di una comprovata violazione delle misure di contenimento del rischio di contagio indicate dai provvedimenti governativi e regionali, sarebbe molto arduo ipotizzare e dimostrare la colpa del datore di lavoro.
inoltre, il riconoscimento dell’origine professionale del contagio non ha alcuna correlazione con i profili di responsabilità civile e penale del datore di lavoro nel contagio, ipotizzabile soltanto in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del d.l. 16 maggio 2020, n.33.
Quale corollario, il riferimento ai protocolli di sicurezza costituirà il discrimine per stabilire la responsabilità dell'amministratore condominiale che sarà sussistente solo in caso di violazione colposa.
Ciò in quanto la denuncia per un infortunio da Covid -19 non implica automaticamente alcuna responsabilità penale e civile del datore di lavoro per i fatti denunciati, e spetterà all’autorità giudiziaria procedere con l’accertamento dei fatti posti a fondamento della responsabilità, senza che possa affermarsi alcun automatismo tra queste fattispecie e le ipotesi di ristoro previste dall'Inail.
Trattasi questi di chiarimenti in linea con quanto previsto dalla normativa vigente, secondo l'interpretazione che è stata fornita dalla giurisprudenza intervenuta in materia.
Ed invero, l’art. 2087 c.c. dispone espressamente che l'imprenditore è tenuto ad adottare, nell'esercizio dell'impresa, le misure che, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, e la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti in merito alla sua applicazione in concreto.  
La violazione dell'art. 4, lett.c) del d.P.R. n. 547 del 1955 (che obbliga i datori di lavoro a "disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le norme di sicurezza ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione") non può essere desunta dalla mera verificazione dell'evento infortunistico, ma postula la prioritaria dimostrazione della relativa condotta omissiva. L'assolvimento degli obblighi imposti da tale norma non si traduce in una sorveglianza ininterrotta con costante presenza fisica, potendo efficacemente attuarsi anche attraverso una vigilanza generica, ma continua ed efficace, calibrata sulle caratteristiche dell'impresa e del tipo di lavorazioni, oltre che sul numero dei lavoratori ed sul grado di rischio, idonea a garantire che i dipendenti seguano le disposizioni di sicurezza e utilizzino gli strumenti di protezione. (Nella specie, la S.C. ha escluso la responsabilità del datore per l'infortunio occorso al dipendente che, reso edotto e munito dei dispositivi di protezione, ometteva di agganciare la cintura di sicurezza, pur indossata, al cestello per le lavorazioni, eludendo la sorveglianza del preposto al controllo che lavorava a terra). (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 22/10/2014)” (Cass. civ. Sez. lavoro Ord., 11-02-2020, n. 3282).
Da ultimo, non si può non richiamare un altro principio fondamentale della nostra Costituzione, ovvero il principio della personalità della responsabilità penale sancito dall’art. 27 Cost.: "la responsabilità penale è personale"; principio che esclude qualsivoglia ascrivibilità al datore di lavoro di ogni evento leviso, anche imprevedibile e inevitabile, a titolo di responsabilità oggettiva. 
 
Avv. Giorgia Colombo 
 

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