24 aprile 2020

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 1102 c.c. i condomini, in qualità di comproprietari delle parti comuni, hanno il diritto di utilizzare tali spazi purché non mutino la loro destinazione e non ledano il diritto di godimento altrui sulle medesime parti.
La tolleranza nei confronti degli altri condomini, con particolare attenzione al diritto di godimento sia dei beni di proprietà esclusiva sia dei beni di proprietà comune, trova il proprio fondamento nelle regole di buon vicinato e nell’interpretazione inversa dell’art. 832 c.c., che statuisce il diritto di proprietà e di godimento nei limiti dell’ordinamento giuridico, da cui si ricava dunque l’obbligo per ciascuno di non ledere l’altrui diritto di godimento.
A ciò si aggiunga l’art. 844 c.c., che stabilisce che il godimento del proprio diritto che vada oltre la normale tollerabilità comporti un danno risarcibile per i soggetti terzi.
Quanto al criterio da utilizzare ai fini dell’individuazione delle condotte che superino la normale tollerabilità, si registrano diversi orientamenti giurisprudenziali.
Secondo un primo indirizzo occorre fare riferimento al parametro disposto dall’autorità amministrativa in adesione alle recenti disposizioni legislative: “Ai fini dell’attuazione del comma 1, si applicano i criteri di accettabilità del livello di rumore di cui alla legge 26 ottobre 1995, n. 447, e alle relative norme di attuazione” (art. 1 bis legge di bilancio 2019).
Viceversa, un secondo orientamento ritiene che le prescrizioni amministrative non possano applicarsi nelle controversie tra privati, laddove “nel determinare le modalità di rilevamento dei rumori e i limiti di tollerabilità in materia di immissioni rumorose, al pari dei regolamenti comunali limitativi dell'attività rumorosa, la legge fissa, quale misura da non superare per le zone non industriali, una differenza rispetto al rumore ambientale pari a 3 decibel in periodo notturno e in 5 decibel in periodo diurno, ed è una legge che persegue finalità di carattere pubblico e opera nei rapporti fra i privati e la pa” (sent. Corte Cass n. 17051/2011 – Sent. Corte Cass. n. 1391/2007).
Peraltro, la Suprema Corte ha recentemente precisato come il limite di tollerabilità di cui all'art. 844 c.c. non abbia comunque carattere assoluto, ma relativo, e debba essere fissato tenendo conto delle peculiarità del caso concreto (Sent. Corte Cass. n. 6906/2019), con la conseguenza che sarà onere del Giudice di merito valutare se le immissioni lamentate siano da considerarsi oltre la normale tollerabilità, e ciò indipendentemente dal superamento o meno delle disposizioni amministrative di cui alla L. 447/1995 e ss modifiche.
Ora, il luogo dove la disciplina delle immissioni rumorose trova maggiore applicazione è sicuramente il condominio di edifici.
In tale contesto, difatti, i condomini godono della proprietà esclusiva dell’immobile, oltreché della proprietà in comunione con gli altri condomini, e tale situazione comporta l’insorgenza di turbative che possono disturbare la quiete dei singoli.
La statuizione è acuita dalla situazione di emergenza sanitaria attuale, laddove le misure di contenimento adottate impongono a tutti i cittadini italiani di rimanere nelle proprie abitazioni, salvo comprovati motivi di salute e di lavoro.
Trattasi di situazione che inevitabilmente incide sulle immissioni rumorose, e che rende la tollerabilità inferiore rispetto ai canoni ordinari, dato lo stress cui si è sottoposti.
Così anche i rumori più comuni, quali le urla dei bambini, il volume alto della musica o della televisione, gli schiamazzi e i cani che abbaiano, vengono percepiti in modo amplificato.
Per rimediare a tali situazioni si consiglia di chiedere l’intervento dell’amministratore di condominio, e, in assenza di un positivo riscontro da parte dei condomini “molestatori”, il condomino molestato potrà agire giudizialmente in sede civile al fine di veder condannata la controparte alla cessazione di ogni azione molesta che superi la normale tollerabilità.
Si evidenzia tuttavia come la condotta molesta tenuta dai condomini possa anche integrare una fattispecie di reato ai sensi dell’art. 659 c.p., che punisce con l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 309 euro chiunque disturba il riposo o le occupazioni degli altri.
La condotta dei condomini integra una fattispecie di reato laddove comporti un disturbo a più soggetti (ad esempio coinvolga e disturbi tutti i condomini di uno stabile come è stato appurato in una pronuncia della Corte di Cassazione n. 38901/2018).
Il reato è stato pensato dal Legislatore con il fine di tutelare il bene giuridico della quiete pubblica e si configura tramite la presenza necessaria della condotta di disturbo idonea a danneggiare un numero indefinito di persone.
Invero, trattandosi di un reato di pericolo presunto, ai fini della sua configurazione non è necessaria la prova dell’effettivo disturbo di più persone, ma è sufficiente l’idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di persone (Sent. Corte Cass. n, 40393/2004).
La valutazione è rimessa al giudice di merito, il quale è chiamato a giudicare se la condotta sia effettivamente potenzialmente lesiva del bene giuridico protetto dalla normativa in esame.
Altro elemento necessario ai fini della configurazione del reato è la volontarietà della condotta incriminata a nulla rilevando l’esistenza o meno del dolo (ossia consapevolezza di arrecare un danno ad altre persone).
 
 
Avv. Dora Ballabio
 
 
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