15 aprile 2020

La risposta al quesito è affermativa: il Condominio è parificato al consumatore.
È quanto affermato dalla Sezione I della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a pronunciarsi sulla questione pregiudiziale posta dal Tribunale di Milano il 1º aprile 2019, che, trovatosi di fronte ad una controversia sorta in merito ad una clausola di un contratto concluso tra un Condominio e una società fornitrice di energia elettrica, ha invitato la CGUE a chiarire se la nozione di consumatore, secondo l’interpretazione accolta dalla direttiva 93/13/CEE, osti o meno all’attribuzione di tale qualificazione al Condominio, ovvero ad un soggetto non riconducibile alla nozione di "persona fisica" e tantomeno a quella di "persona giuridica".
A tal proposito, la normativa europea - volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra professionisti e consumatore – prevede che rientri nella nozione di consumatore “qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale ”(cfr. art. 2, lett. b).
Ora, adottando un’interpretazione meramente letterale, è evidente che il Condominio non possegga la natura di persona fisica e che, pertanto, essendo carente di uno dei due requisiti richiesti dalla disposizione, non possa essere ricondotto alla categoria dei c.d. soggetti deboli, che, come tali, necessitano della maggior tutela riconosciuta dalla direttiva.
Tuttavia, la Corte Europea ha accolto un’interpretazione estensiva della predetta definizione, evidenziando come lo scopo della direttiva 93/13 sia quello di assicurare “un'armonizzazione parziale e minima delle legislazioni nazionali in materia di clausole abusive, lasciando agli Stati membri la possibilità di garantire, nel rispetto del trattato, un più elevato livello di protezione per i consumatori mediante disposizioni nazionali più severe di quelle contenute nella medesima direttiva (…)".
Pertanto, nulla osta a che la disciplina in esame possa essere applicata altresì al Condominio.
Trattasi peraltro di pronuncia che conferma l’orientamento maggioritario avallato dalla Suprema Corte di Cassazione, che, in molteplici occasioni, ha riconosciuto che: “al contratto concluso con il professionista dall'amministratore del condominio - ente di gestione sfornito di personalità giuridica, distinta da quella dei suoi partecipanti - si applicano, in presenza degli altri elementi previsti dalla legge, le norme concernenti la tutela del consumatore, atteso che l'amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale" (cfr. Cassazione Civile, sentenza del 22 maggio 2015, n. 10679).
Ciò in quanto il Condominio costituisce l’organizzazione dei comproprietari, che si dotano in tal modo di una stabile rappresentanza per il compimento di atti specifici relativi alle cose comuni, pur mantenendo la propria natura di persone fisiche.
Quale corollario, la qualifica di consumatore che compete ad ogni singolo proprietario si estende automaticamente al Condominio.
Quanto alle conseguenze che derivano dalla pronuncia della CGUE, l’applicabilità della specifica disciplina prevista dal Codice del Consumo (D.lgs. n. 206/2005) garantirà una maggiore tutela al Condominio.
Basti al riguardo citare le disposizioni relative alla nullità delle clausole vessatorie, ovverosia delle clausole che, a prescindere dalla malafede, penalizzano in modo intollerabile il consumatore, determinando uno squilibrio normativo tra le parti (artt. 33-34 Codice del Consumo); nonché quelle inerenti l’accesso agevolato al giudizio, tra le quali emergono l’art. 66-bis del Codice del Consumo, che sancisce l’inderogabilità della competenza territoriale del giudice del luogo di residenza o di domicilio del  consumatore, e l’art. 35 del Codice del Consumo, che riconosce la possibilità di avviare una tutela collettiva, al fine di ottenere la cancellazione giudiziale delle clausole abusive da tutti i contratti stipulati dall’imprenditore/professionista.
 
 
Dott.ssa Mariachiara Ceriani
 
 
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