Detto criterio di riparto è tuttavia derogabile dalle parti, le quali potranno accordarsi al fine di addivenire a una diversa divisione delle spese.

In ogni caso, l’articolo citato precisa come, nell’ipotesi in cui le opere giovino anche al fondo servente, la ripartizione dovrà avvenire secondo un criterio di tipo proporzionale, fondato cioè sui vantaggi e sui benefici che i due fondi traggono rispettivamente dalle opere di manutenzione.

È tuttavia possibile distinguere l'ipotesi in cui il fondo servente costituisca un'entità autonoma rispetto alle opere necessarie per l'esercizio della servitù (si pensi alla servitù di acquedotto, in cui le condutture che rendono possibile il passaggio delle acque costituiscono dei manufatti materialmente distinti dal fondo attraversato da esse) dall'ipotesi in cui il fondo servente, per la sua struttura intrinseca, costituisca di per sé il mezzo necessario per l'esercizio della stessa (si pensi alla servitù di passaggio su una strada di proprietà di terzi).

Orbene, nella prima ipotesi, la non interferenza dell'attività di manutenzione con quella che è la struttura del fondo servente rende di immediata comprensione l'obbligo del proprietario del fondo dominante di provvedere alle spese di manutenzione, atteso l'immediato suo interesse a rimuovere la condizione di deterioramento che è di ostacolo al normale esercizio della servitù.

A tale obbligo si aggiungerà quello del proprietario del fondo servente nella sola eventualità che le opere giovino altresì a detto fondo e, pertanto, siano eseguite anche nell'interesse del suo proprietario.

Nell’ipotesi in cui il fondo servente costituisca di per sé il mezzo per l’esercizio della servitù, la mancanza di opere autonome non può costituire ragione per escludere l'obbligo di manutenzione del proprietario del fondo dominante ai sensi dell'art. 1069 c.c.

La Cassazione ha infatti chiarito che se è lo stesso fondo, nella sua intrinseca struttura, ad essere lo strumento per l'esercizio della servitù, l'interesse del proprietario del fondo dominante alla sua conservazione costituisce elemento sufficiente a giustificare, sul piano giuridico, l’obbligo di costui a contribuire alle spese relative (Cass. n. 72/1976).

Da ultimo, occorre ricordare come la Suprema Corte abbia altresì avuto cura di precisare come l'art. 1069 c.c., nella parte in cui stabilisce il principio della ripartizione proporzionale delle spese in ragione dei vantaggi conseguiti da ciascuno, risulti applicabile anche nel caso, non specificamente contemplato, in cui sia stato il proprietario del fondo servente ad eseguire su quest'ultimo, sia pure nel proprio interesse, opere necessarie alla conservazione della servitù (Cass. n. 6653/2017; Cass. n. 2637/1975).

La ragione giustificatrice di tale assunto viene rinvenuta nel fatto che la disposizione citata, lungi dal costituire una norma eccezionale, rappresenta invece l'applicazione di un generico principio di equità ispirato all'esigenza di evitare indebiti arricchimenti, che, come tale, impone la partecipazione di ambedue i titolari del rapporto di servitù alle spese per le opere eseguite sul fondo servente, qualora queste risultino aver determinato un vantaggio comune.

 

- Dott.ssa Silvia Di Nunzio -

 

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