19 maggio 2020

Da lunedì 18 maggio è iniziata la “fase 2” anche per il mondo della cultura, fermo a causa dei provvedimenti delle Autorità che, per far fronte all’emergenza epidemiologica in corso, si sono trovate costrette a privare i cittadini dei loro diritti e libertà fondamentali, tra cui il diritto di prendere parte alla vita culturale della società, sancito dall’art. 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
In realtà il mondo della cultura non si è mai fermato ed è riuscito a mantenere un rapporto costante con il pubblico, colmando la distanza forzata tramite strumenti innovativi e alternativi. 
Grazie alla tecnologia abbiamo potuto riscoprire i tesori nascosti dell’arte classica, moderna e contemporanea, gelosamente custoditi nelle più importanti gallerie e musei di tutto il mondo, creando connessioni virtuali, ma non per questo meno intense di quelle reali, tra istituzioni culturali e cittadini.
È stato così possibile aggirarsi tra le magnifiche sale della Pinacoteca di Brera, della Galleria degli Uffizi e dei Musei Vaticani, il cui sito internet consente la visita alle stanze di Raffaello per poi catapultare il visitatore al centro della Cappella Sistina, puntando il suo sguardo sul maestoso Giudizio Universale di Michelangelo.
Anche l’applicazione Google Arts & Culture, scaricabile liberamente su smartphone e tablet, ha aperto le porte di musei di fama internazionale, quali il MoMA, The State Hermitage Museum, The Art Institute of Chicago e il Solomon R. Guggenheim Museum, solo per citarne alcuni.
E tutto questo con un semplice “click”.
L’esperienza vissuta in questi mesi potrà essere mantenuta anche in futuro, laddove gli strumenti online già in atto – certamente perfezionabili – potranno rivelarsi una buona soluzione, garantendo ai cittadini l’accesso alla cultura in piena sicurezza.
A tal proposito alcune considerazioni sono d’obbligo con riguardo al rischio di violazione del copyright che interessa tutte le collezioni di musei e gallerie fruibili virtualmente.
È difatti ragionevole ritenere che si dovrà approdare a soluzioni mediane tra la tutela del diritto d’autore e la libera condivisione delle opere d’arte.
Si segnala come modello virtuoso il programma "Open Content Program", ideato dal Paul Getty Trust e utilizzato a far data dall’anno 2013, con lo scopo di abbandonare progressivamente il sistema di Digital Rights Management e favorire la libera circolazione delle opere d’arte protette dal diritto d’autore.
Tale progetto consente a chiunque, senza necessità di autorizzazione, di avere libero accesso e di condividere per qualsiasi fine le quasi 100.000 immagini che riproducono opere d’arte di pubblico dominio e facenti parte delle collezioni Getty.
Difatti, secondo gli ideatori di tale innovativo programma queste immagini non sono altro che surrogati digitali di opere fisicamente esistenti; coloro che volessero riutilizzarle dovranno semplicemente limitarsi a segnalare che si tratta di Digital image courtesy of the Getty’s Open Content Program. 
L’adozione di progetti analoghi a quello già in atto al Getty potrebbe essere un valido rimedio per far convivere due fattori opposti: da un lato, la tutela del copyright e, dall’altro, la diffusione delle opere d’arte tramite il web e i social.
Da questo punto di vista il periodo che stiamo vivendo offre interessanti occasioni di rinnovamento e sviluppo, in un’ottica di miglioramento e valorizzazione del nostro patrimonio di inestimabile valore.
 
 
Dott.ssa Maria Tremolada
 

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