25 aprile 2020

In piena emergenza da Covid-19 pensiamo e parliamo di cultura.
La cultura alimenta le nostre vite da sempre e fa parte della storia di tutti noi: ripartire dalla cultura ci aiuterà a dare un senso di normalità, anzi di eccezionale normalità, allo tsunami che ci ha travolti tutti, nessuno escluso.
Eugenio Barba, fondatore dell’Odin Teatret, ha definito “artistici” i giorni che stiamo vivendo: “se l’arte è un’esperienza che spiazza l’individuo facendolo riflettere sulla sua condizione, allora i tempi che viviamo sono “artistici”; “viviamo una sbalorditiva realtà che obbliga ad alterare radicalmente i nostri ritmi, percorsi e modi più semplici di essere e regolarci. Alcuni di noi la vivono come una restrizione, altri come un momento di libertà e raccoglimento su se stessi.”
Servono pensieri, idee, parole e suoni per immaginare il nostro futuro, colori da mescolare sulla tela bianca di ognuno di noi, colori da gettare anche intuitivamente con un ritmo nuovo e diverso, perché una cosa è certa: il quadro che ne uscirà sarà diverso da quello che abbiamo vissuto fino ad oggi, quantomeno per un po’ di tempo.
I frutti di questi tempi “artistici” sono già sotto gli occhi di tutti.
Tutti i musei del mondo sono diventati intraprendenti, innovativi e creativi come mai in passato.
Il Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo sta proponendo numerose attività digitali: Virtual tour, palinsesti video su YouTube, contenuti su Facebook e Instagram, podcast, piattaforme online ad accesso aperto e campagne social.
Il Governo sta ragionando “su come conciliare sicurezza e riapertura" “con il comitato scientifico e la task force guidata da Colao", mentre più lontana appare la riapertura di cinema, teatri e concerti perché "luoghi affollati per natura hanno un oggettivo problema in più. In alcuni casi non solo in platea ma anche sul palco. Non sarà facile ma ci riusciremo".
Ernesto Ottone R., Assistente direttore generale della Cultura dell'UNESCO, ha affermato che: "I musei non sono solo luoghi in cui l'eredità dell'umanità viene preservata e promossa, sono anche spazi chiave di educazione, ispirazione e dialogo. In un momento in cui miliardi di persone in tutto il mondo sono separate le une dalle altre, i musei possono unirci.”
Ma come potranno in concreto unirci se si sta organizzando la riapertura con distanze, ingressi contingentati, file, mascherine e sanificazioni?
Siamo sicuri che questo impatto, già a livello visivo, non abbia un effetto ancor più negativo sotto il profilo psicologico?
Negli ultimi giorni abbiamo assistito ad una rappresentazione della morte a cui non eravamo più abituati e la risposta che cerchiamo è un’immagine di bellezza che riproponga un’estetica della vita da poter contrapporre a quella che vogliamo dimenticare.
Un esempio da seguire potrebbe essere l’Albania, Paese che negli anni ’90 era al collasso economico ed istituzionale e nel 2000 ha visto diventare sindaco di Tirana Edi Rama, pittore e sculture di 36 anni, che, come prima decisione, ha ridipinto a colori vivaci i palazzi grigi del centro cittadino e delle periferie perché “questo Paese deve tornare a credere nella bellezza, la gente deve aver voglia di riappropriarsi delle strade, deve ritrovare l’orgoglio di essere albanese”.
Da quel momento in Albania è iniziata la rinascita, nel 2004 Edi Rama ha vinto il premio come miglior sindaco del mondo e oggi è il primo ministro dell’Albania, che, mentre tutta l’Europa osservava l’Italia inerte, ci ha mandato medici, infermieri e mascherine.
Serve una nuova idea di estetica per ripartire: una cultura che sia allo stesso tempo cura di bellezza e di benessere.
La sfida riguarda tutti e il Governo ha il dovere di adottare misure concrete che consentano la ripresa.
Per ora le autorità nazionali si sono limitate a chiudere i musei, come a voler rinchiudere il problema nelle stanze abbandonate di questi luoghi, ma il mondo e i tempi della cultura non si sono fermati.
Mentre si decide quando far iniziare la fase 2 scadono i prestiti, le polizze assicurative, le sponsorizzazioni, le licenze di temporanea importazione e i calendari espositivi: questo accade perché ogni mostra è al tempo stesso evento, progetto culturale e risultato di una serie di complessi accordi, nazionali e internazionali, pubblici e privati.
Riusciremo a vedere la mostra organizzata alla Scuderie del Quirinale in occasione del quinto centenario della scomparsa di Raffaello?
Ci sono dipinti che sono stati concessi in prestito dal Louvre sulla base di accordi di reciprocità che hanno visto, da un lato, opere quali il “Ritratto di Baldassare Castiglione” e l’“Autoritratto con amico” di Raffaello e, dall’altro lato, l’“Uomo Vitruviano” di Leonardo, in applicazione della normativa vigente relativa all’uscita temporanea di cui all’art. 67, comma 1, lett. d), del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, che la ammette nei casi in cui sia “richiesta in attuazione di accordi culturali con istituzioni museali straniere, in regime di reciprocità e per la durata stabilita negli accordi medesimi”.
Peraltro, nel caso di specie il Tar Veneto, Sez. 2^ – 16 ottobre 2019, con ordinanza n. 436, si è pronunciato sulla legittimità del prestito sottolineando “l’eccezionale rilevanza mondiale dell’esposizione, l’aspirazione del Paese a valorizzare al massimo le potenzialità del suo patrimonio, il valore di collaborazione e scambio tra Stati espresso nel Memorandum, oltre che (cfr. doc. 2 del primo elenco depositato in giudizio dall’Amministrazione resistente) il ritorno di immagine e di riconoscibilità, anche identitaria, delle Gallerie dell’Accademia di Venezia quale depositario di opere di Leonardo, l’implementazione dei rapporti culturali e museali tra le Gallerie dell’Accademia di Venezia ed il Musée du Louvre, nonché il vantaggio conseguito in forza del prestito per lo scambio con opere di Raffaello Sanzio destinate ad una mostra presso le Scuderie del Quirinale, difficilmente fruibili nel territorio nazionale”
E proprio sulla base di siffatta motivazione, se il Louvre dovesse pretendere la restituzione delle sue opere alla data di scadenza programmata della mostra, nell’equilibrio di reciprocità dell’accordo, si dovrà tener conto del fatto che l’«Uomo Vitruviano» è stato esposto a Parigi sino al termine dell’esposizione, mentre i dipinti di Raffaello soltanto per pochi giorni, attribuendo particolare rilievo alla circostanza dirimente dell’eccezionale rilevanza dell’esposizione, di particolare interesse culturale e valore scientifico, tale da permettere anche una valorizzazione culturale dell’opera prestata.
Quanto ai prestiti in essere e in scadenza nel periodo che stiamo vivendo, il Covid-19 costituisce motivo di temporanea impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore ai sensi dell’art. 1256 c.c., quantomeno con riguardo agli accordi conclusi prima della dichiarazione di emergenza sanitaria e dell’adozione delle misure di contenimento.
Se l’impossibilità perdura per tutta la durata del contratto, il Decreto Cura Italia n. 18/2020 potrà sempre venire in soccorso contro eventuali richieste di danni attenuando la severità dell’art. 1218 c.c. con la previsione che “il rispetto delle misure di contenimento di cui al decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.”
Trattasi dell’unica disposizione intervenuta in materia, e, come tale, essenziale, in un contesto in cui logistica e licenze doganali non sono state sospese, e le merci sono pertanto in grado di circolare, quantomeno in Europa, benché i dipendenti pubblici dei musei non siano nelle condizioni di sovraintendere alle operazioni di disallestimento e imballaggio delle opere.
Tra i privati la situazione risulta ancor più complessa, laddove i prestiti vengono concessi per prassi senza stipulare veri e propri contratti, e men che meno clausole di hardship, tramite la sottoscrizione di una scheda di prestito che ricorda più un modulo o un formulario, e che non contiene clausole vincolanti per il proprietario e per l’organizzatore della mostra.
Senza una legislazione emergenziale ad hoc, questi sono solo alcuni dei problemi che i musei si trovano, e si troveranno, ad affrontare.
Le medesime considerazioni valgono altresì con riguardo alla ripresa: in assenza di decreti sono i singoli musei a dover gestire la fase 2 e a ripensare all’idea stessa di musei, a partire dalla fruizione con ingressi contingentati, sistemi salta coda, visite guidate con piccoli gruppi che possano utilizzare i propri cellulari come auto-guida, sanificazione degli spazi in assoluta sicurezza per non danneggiare le collezioni e con personale altamente qualificato in tal senso.
Il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, ha anche sottolineato l’importanza delle attività digitali che non dovranno essere abbandonate, seppur con la necessaria fruizione reale: “la visita virtuale serve a risvegliare curiosità, a riaccendere interessi magari insospettati: così chi ama le opere d’arte è invogliato ad ammirarle anche dal vero […] In termini più generali, su questo argomento possiamo dire che, come in tanti altri settori, anche nel mondo culturale e dei musei l’emergenza del coronavirus spinge inevitabilmente verso la digitalizzazione. La nuova sfida, su questo fronte, sarà di far interagire la sfera digitale e quella reale in un modo efficace e interessante, adeguato alle condizioni proprie di entrambi questi mondi: il web e i social dovranno dunque funzionare prima come richiamo, poi come approfondimento, dell’esperienza autentica”.
Quanto all’idea stessa di museo, sempre il direttore delle Gallerie degli Uffizi ha lanciato un messaggio di speranza: "Questa crisi epidemiologica potrebbe essere il momento giusto per ripensare musei e turismo. Le città d'arte non riescono a sostenere il turismo di massa così come lo abbiamo visto negli ultimi anni. Occorre dunque riconvertire tutto il sistema allo slow tourism. È meglio tornare più volte a vedere le città d’arte, ogni volta in modo approfondito, a lungo, con curiosità, amore e pazienza, piuttosto che di fretta e brevemente. Questo è stato invece, purtroppo, lo “stile” del turismo degli ultimi anni, un turismo che seguiva i ritmi accelerati delle nostre esistenze, e di cui le stesse città d’arte hanno approfittato, magari sentendosi nel contempo cannibalizzate. Ora tutto è stato bloccato d’un colpo dalla pandemia: dobbiamo pensare bene al passo con cui vorremo ripartire".
Difatti, dal punto di vista del turismo, le città d’arte potrebbero perfino beneficiare della situazione ancora incerta: a fronte di un calo di arrivi inevitabile, soprattutto perché verrà a mancare la componente straniera, la presenza degli italiani su itinerari locali o comunque a corto raggio potrebbe intensificarsi.
Alla luce di tutto quanto sopra, è evidente che servano misure chiare e concrete per far ripartire il settore e l’intero Paese; misure che ad oggi purtroppo non sono state adottate.
Oggi manca la libertà. Domani non può mancare anche la bellezza.
 
 
Avv. Giorgia Colombo
 
 
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