16 aprile 2020

21 febbraio 2020.
Una data che ricorderemo.
Una data che è entrata in modo violento nella nostra storia.
Si tratta del giorno in cui veniva accertato il primo “malato italiano” Covid 19 da Coronavirus.
Da lì a pochi giorni il contagio avrebbe avuto lo sviluppo repentino e drammatico che tutti abbiamo conosciuto.
Parallelamente nei medesimi giorni si propagava nell’opinione pubblica un sentimento di stima e gratitudine nei confronti degli operatori sanitari che si trovavano in prima linea a combattere un nemico invisibile e sconosciuto, a volte senza le più basilari protezioni, neppure per la propria persona.
Gli italiani mostravano tale loro supporto con i mezzi più vari e fantasiosi: dagli ormai irrinunciabili “post” sui “social”, agli improvvisati striscioni affissi agli ingressi degli ospedali financo agli applausi ed alle canzoni dai balconi delle proprie abitazioni con dedica speciale a chi si stava prodigando in ospedale per prendersi cura dei malati e salvare quante più vite possibile.
Negli ultimi giorni però la situazione pare essere mutata radicalmente.
Risulta infatti come in questo momento di continua estrema emergenza sia in costante crescita il numero di medici e infermieri denunciati per “malpractice”/negligenza nella cura di pazienti Covid 19.
Parrebbe anche che un crescente numero di avvocati abbia suggerito ai loro assistiti azioni risarcitorie nei confronti del personale ospedaliero.
Non intendo, però, approfondire tale esecrabile comportamento in relazione al quale il Consiglio Nazionale Forense ha immediatamente preso le distanze.
Atteggiamento condiviso immediatamente anche da numerosi Consigli dell’Ordine che hanno invitato i colleghi a ripassare il codice deontologico e a rivedere la gestione del proprio contenzioso.
Non solo ma il Consiglio Nazionale Forense ha dato il via libera già dallo scorso 2 aprile, alle sanzioni disciplinari per gli avvocati che offrono/pubblicizzano assistenza per azioni legali contro i medici che sono impegnati nella cura dei pazienti affetti da coronavirus, o covid-19. Senza dubbio è diritto di ogni cittadino agire contro le eventuali mancanze del sistema sanitario.
Il diritto al risarcimento per un danno subito è un principio fondamentale del nostro ordinamento; tuttavia l’incremento delle denunce verso i medici registrato in questi giorni appare quanto meno inopportuno e irrispettoso nei confronti di chi, con moltissime difficoltà, porta avanti in prima persona la battaglia contro il virus.
Parlo di medici, infermieri, operatori sociosanitari e socioassistenziali, ma anche di personale tecnico e amministrativo e dirigenziale di ospedali, case di cura e residenze per anziani.
Oltre, naturalmente, ai medici di famiglia, quelli che più di altri stanno patendo oggi la difficoltà di dover assistere i propri pazienti spesso privi dei necessari presidi sanitari.
Sono già oltre 100 alla data di oggi, i medici morti di coronavirus, e circa diecimila gli operatori sanitari contagiati dall’epidemia.
Ciononostante, come sopra accennato il sentimento sociale (o almeno di un parte della nostra società) è mutato e gli eroi di ieri sono già divenuti (per alcuni) nemici da denunciare oggi.
D’altronde, accantonando per un momento le possibili azioni giudiziarie in sede civile, delle quali si farà cenno in seguito, denunciare un medico o un operatore sanitario oggi in Italia, come ricordava il dott. Carlo Nordio ex procuratore aggiunto di Venezia in  una recente intervista ”…non costa nulla, non serve nemmeno l’avvocato….è sufficiente un esposto generico…” e per l’effetto dell’obbligatorietà dell’azione penale così come prevista dalla vigente legislazione “… tutta la macchina giudiziaria si mette in moto…” Si dirà come una denuncia non comporti necessariamente un processo e men che meno una condanna soprattutto se consideriamo come il 90% di queste procedure si concluda con una archiviazione o con una assoluzione; ma il procedimento espone, già di per sé, il medico a gravose spese legali oltre all’ansia ed alla tensione di sentirsi sempre soggetto alla spada di Damocle di un’inchiesta nonché alla gogna mediatica che spesso accompagna la pubblicazione di notizie riguardanti indagini in corso.
Viceversa, medici ed infermieri avrebbero necessità di lavorare in serenità e tranquillità in quanto gli stessi svolgono da un lato un lavoro ad elevato rischio, soprattutto quando svolto sotto pressione e magari oltre i previsti orari lavorativi, e dall’altro lato in quanto incide su beni e valori primari quali la salute e la vita.
Quali le conseguenze??
Si ipotizza che i medici al fine di evitare ogni possibile rischio siano portati a praticare una medicina difensiva e quindi a rinunciare ad effettuare un intervento potenzialmente rischioso (ma in grado di portare qualche beneficio al paziente) sottoponendo, piuttosto, quest’ultimo ad una mole enorme di esami clinici, che magari in altra situazione avrebbe evitato di prescrivere,  a volte inutili ed invasivi con conseguente aggravio di costi per il servizio sanitario e inevitabile allungamento delle liste di attesa per l’esecuzione degli esami clinico diagnostici.
Quali le soluzioni?
Nel campo delle azioni giudiziarie civili la legge Gelli Bianco, di recente introduzione nel nostro ordinamento, ha già apportato chiarimenti e modifiche a “storture” della legislazione previgente che era ormai inadeguata ad affrontare il già crescente incremento di cause conseguenti a casi di cosiddetta “malasanità”. 
A parere dello scrivente, però, il legislatore dovrebbe intervenire anche in ambito penale, ed anzi, già in questi giorni, è all’esame del Senato la proposta di inserire una sorta di “scudo penale” per i medici fino alla fine dello stato emergenziale.
La questione non è di poco conto se consideriamo come diversi illustri giuristi si siano interessati della problematica ed abbiano offerto possibili soluzioni.
Alcuni hanno proposto la depenalizzazione dell’ipotesi colposa nella responsabilità del personale sanitario come norma generale e non relativa solo all’eccezionalità di questo periodo, così come avviene in altri importanti paesi quali Stati Uniti e Francia.
Altri l’introduzione di una causa di non punibilità che liberi i medici e tutto il personale sanitario anche della pena di esser sottoposti a processo. Ma a parere dello scrivente la proposta più praticabile è stata svolta dal Dott. Nordio che nell’intervista sopra citata ha precisato come “… per le denunce penali occorrerebbe introdurre il principio della querela temeraria…” analogamente a quanto già previsto in sede civile per le “liti temerarie” ossia procedure infondate proposte a soli fini dilatori "...Chi querela un sanitario dovrebbe in quest’ottica risarcirlo se l’accusa dovesse risultare infondata…”. “…Non solo ma la querela dovrebbe essere accompagnata obbligatoriamente da una consulenza medico legale qualificata che specifichi quali colpe si attribuiscono al sanitario …. mentre oggi è sufficiente un esposto anche molto generico per mettere in moto la macchina della giustizia…”.
In conclusione, una situazione paradossale quella appena descritta, dato che i medici, insieme a infermieri e oss, stanno portando avanti ormai da settimane una vera e propria battaglia contro l’epidemia, nonostante la scarsità di mascherine e di altri presidi di protezione, anche basici, mettendo così a rischio la loro salute e quella dei loro cari.
D’altronde, non dobbiamo mai dimenticarlo, il personale sanitario è chiamato a rispondere oggi anche delle mancanze di un sistema vittima per anni di una politica fatta solo di “tagli” e di una mancata e/o cattiva programmazione (vd. numero chiuso all’università o alle scuole di specialità) con conseguente mancanza non solo di risorse finanziarie ma anche umane.
Non possiamo, conseguentemente,  smettere di ringraziare i medici, gli infermieri, gli oss fino agli addetti alle pulizie delle strutture sanitarie che, soprattutto all’inizio dell’epidemia, privi anche delle misure minime di protezione così come sopra già esposto, hanno lavorato e lavorano ben oltre quanto loro richiesto e quanto di loro responsabilità rischiando la vita per un sistema che, loro malgrado, non solo non ha fatto nulla per favorire, ma ha reso difficile consentire di eseguire bene il loro lavoro.
 
 
Avv. Corrado Demolli
 
 
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