18 giugno 2020

Abbiamo visto nel precedente articolo introduttivo a questa serie di interventi in materia di sport e covid 19 come la nostra vita sia stata bloccata e tutti ci siamo fermati o siamo stati costretti a fermarci a causa di un microscopico nemico.
Anche lo sport si è dovuto fermare. Non solo l’attività amatoriale o dilettantistica ma anche quella professionistica di altissimo livello.  Addirittura le Olimpiadi sono state differite di un anno e molti impegni sportivi di primaria importanza annullati o posticipati di qualche mese nella speranza che l’emergenza sia, per allora, finita.
Gli sportivi, sia semplici appassionati che atleti professionisti, si sono subito adeguati alle normative dettate in nome dell’interesse e della salute pubblica e nello specifico in ragione della primaria tutela della salute degli atleti professionisti e non.
In questo secondo articolo vorrei prendere spunto da questo “fermo” imposto a ciascuno di noi per soffermarmi su una circostanza che è stata solo sfiorata da alcuni costituzionalisti e che, però, appunto, ci ha riguardato tutti.
Le restrizioni imposteci hanno, infatti, inciso inevitabilmente su molte libertà/diritti costituzionalmente garantiti: parlo della libertà personale (art. 13 Cost.), di circolazione e soggiorno (art. 16 Cost.), di riunione (art. 17 Cost.), di religione (art. 19 Cost.), di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.), nonché sul diritto-dovere al lavoro (art. 4 Cost.) e della libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.). Se da questi principi fondamentali si passa alle conseguenze indirette delle restrizioni, quasi tutta la prima parte della Costituzione risulta essere stata “vittima” delle norme volte al contenimento del contagio da Covid-19.
Ma il punto nodale della questione e della discussione che è sorta fra i costituzionalisti riguarda le modalità utilizzate per imporre tali restrizioni e le conseguenze sulle libertà costituzionalmente garantite.
Ed invero molti studiosi hanno lamentato come tale quasi quotidiana emissione di nuove norme sia spesso sfuggita al vaglio del Parlamento e come si sia dunque pervenuti ad una limitazione delle nostre libertà senza passare dal Parlamento che, lo ricordo, è l’organo che all’interno del sistema politico italiano è titolare del potere legislativo.
Ma come è potuto avvenire tutto ciò???
L’esordio delle misure rivolte al contenimento del contagio epidemico da Covid-19 è stato caratterizzato da uno smisurato numero di DPCM ovvero a mezzo di un provvedimento emanato, in forma di decreto, dal Presidente del Consiglio dei Ministri e che, al pari di ogni decreto ministeriale, ha natura amministrativa.
Trattandosi di atto amministrativo il DPCM, non ha forza di legge e ha carattere di fonte normativa secondaria. Tale strumento viene utilizzato, di norma, per dare attuazione a disposizioni di legge, quali sono, per esempio, i Decreti Legge.
A differenza del Decreto Legge il DPCM, però, non è soggetto ad alcuna conversione da parte del Parlamento, ed è sottratto, a seguito di eventuale sollevamento di questione di legittimità costituzionale, al vaglio della Consulta.
Formalmente in modo corretto il Governo è ricorso in prima battuta ad uno strumento diverso dal DPCM, ovvero al Decreto Legge (nello specifico il D.L. n. 6/2020), convertito in legge dal Parlamento che lo ha votato ed approvato.
Difatti in ragione della situazione di estrema gravità e urgenza legata al particolare contesto pandemico-emergenziale in corso, il primo strumento utilizzato è stato appunto il decreto-legge, ovvero un provvedimento legislativo in senso pieno che il Governo può adottare in casi di necessità e urgenza, senza delega del Parlamento (come invece avviene nel caso del Decreto Legislativo) e ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione e sotto la sua responsabilità: deliberato dal Consiglio dei Ministri e emanato con decreto del Presidente della Repubblica, che lo controfirma, entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, che avviene immediatamente dopo la sua emanazione.
Il decreto-legge ha un carattere di provvisorietà, poiché entro 60 giorni, deve essere convertito in legge da parte delle Camere. A differenza del D.P.C.M., il decreto-legge non sfugge, quindi, al vaglio del Parlamento e neppure all’eventuale successivo sindacato di legittimità da parte della Corte costituzionale. Oltre che al vaglio preventivo del Presidente della Repubblica, che appone ad esso la sua firma.
I due Decreti Legge n. 6 e n. 19 del 2020 sono entrambi stati regolarmente approvati e convertiti in Legge dal Parlamento, con un voto a netta maggioranza.
Nella fase sanitario-emergenziale in essere, il Governo (e per esso il Presidente del Consiglio) si è quindi legittimamente avvalso della possibilità offerta dai due Decreti Legge sopra menzionati, e ha proseguito l’azione anti contagio facendo in seguito ripetutamente ricorso ai propri DPCM, per garantire l’applicazione tempestiva di misure urgenti e concrete volte al contenimento della diffusione del virus Covid-19.
La scelta operata dal Governo è, pertanto, sotto il profilo giuridico-formale, ineccepibile ed immune da qualunque critica. Ciononostante vari studiosi hanno manifestato perplessità e preoccupazioni per tale modus operandi
Ed invero, a parere di parte della dottrina, i DD.P.C.M., come abbiamo visto, emanati nell’attuale contesto emergenziale hanno indubbiamente imposto significative limitazioni a certe libertà fondamentali e diritti inviolabili previsti e tutelati dalla Costituzione  nelle discipline e materie più varie, introducendo non solo norme attuative di disposizioni già vigenti ma, anche, norme fortemente innovative della legislazione esistente, non escluse limitazioni di diritti fondamentali; prescrizioni di nuovi doveri di comportamento; addirittura sanzioni penali. Tutto sotto la “copertura” “….di una disposizione “in bianco” del d.l. n. 6/2020, meramente attributiva di potere, senza alcuna delimitazione di forma o di contenuto…. Ciò che non sarebbe stato consentito in sede di delegazione legislativa si è pensato fosse ammissibile con un decreto legge a maglie larghe, anzi … larghissime!...” D’altronde bisogna però considerare come buona parte delle limitazioni ai diritti costituzionalmente garantiti, e a detta di alcuni “sfregiati…” nella prima fase dell’emergenza, sono stati poi cancellati/ratificati successivamente da atti aventi forza di legge, in special modo dal d.l. n.19/2020. I critici del comportamento tenuto dal Governo ritengono però che quanto sopra sia avvenuto in ritardo, e solo dopo le molte critiche svolte.
Ritengo però di poter sottolineare con certezza la “disinvoltura” con cui si è proceduto all’impiego indiscriminato di atti di varia natura (legislativa, regolamentare, amministrativa generale).
In questo momento più che in precedenza è necessario riaffermare, senza dubbi e/o perplessità, che qualunque limitazione di diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione o disciplina restrittiva della generale libertà dei comportamenti debba trovare il suo presupposto in una normativa di rango legislativo – legge formale o atto con forza di legge – perché, in un modo o nell’altro, la limitazione stessa possa essere assoggettata al vaglio del Parlamento. Ne deriva che, nelle ipotesi di emergenza, lo strumento, non surrogabile, da utilizzare per interventi immediati, sia il decreto legge (art. 77: «In casi straordinari di necessità e urgenza…») e non il DPCM.
Nella confusione e nella drammaticità della situazione che abbiamo vissuto è prevalso dunque “… lo status di emergenza e urgenza…”. Abbiamo visto come i decreti si siano susseguiti a ritmo incalzante, forsennato, quasi quotidiano e come il Parlamento sia stato privato del potere che gli è costituzionalmente riconosciuto, non riunendosi per molto tempo e non avendo preso alcuna decisione nel normale contraddittorio che deve contraddistinguere la funzione legislativa.
Nel mondo dello sport chi ha pagato e pagherà le conseguenze peggiori non sarà certamente lo sport di alto livello / professionistico che, in qualche modo è già ripartito, sia pure a condizioni diverse a seconda della disciplina sportiva, ma, soprattutto, sarà penalizzato il movimento sportivo associazionistico di base messo senza troppi “riguardi” da parte in nome e per conto dell’emergenza sanitaria e decisionale. Quanto sopra nonostante diversi operatori abbiano osservato ed evidenziato “…l’importanza strategica e territoriale delle asd (e equiparate) nei tessuti sociali e ricreativi cittadini e di quartiere…. i numeri sono talmente forti e lampanti che basta una comune ricerca per capire che un esercito di operatori, allenatori, dirigenti, collaboratori, atleti, praticanti e accompagnatori gravita attorno al nostro mondo. Un mondo fatto di quotidianità e scelte, costi e tempo (quasi sempre concesso gratuitamente) in nome di un tessuto sano, capillarmente presente e vivo….”. Un peccato, dunque, se tutto questo mondo, o anche solo parte dello stesso, vada perduto.
Potrebbe essere conseguentemente questo il periodo giusto per affrontare, anche al fine di superare l’emergenza, il problema del rilancio e dell’aiuto alle associazioni sportive dilettantistiche e favorire la promozione dell’attività sportiva di base anche attraverso accordi/convenzioni a livello zonale, nazionale, regionale cercando di superare i soliti “campanilismi” che caratterizzano il nostro paese e di agevolare il coinvolgimento dei cittadini e degli appassionati per riorganizzare tale attività anche con il coinvolgimento della scuola ed il miglioramento delle strutture.
Persone volenterose che sacrificano il proprio tempo libero al fine di consentire la partecipazione dei nostri ragazzi alle più disparate manifestazioni sportive penso che meritino attenzione e rispetto da parte di chi ci governa ed in particolare di chi si occupa della gestione dello sport.
È il momento di restare uniti, di rafforzare tutti i legami ed avere il coraggio di dare sostegno allo sport di base e l’intelligenza e lungimiranza di programmare una svolta fondamentale con benefici effetti soprattutto sul nostro bene più prezioso: i nostri giovani che rappresentano il nostro futuro ed il futuro del nostro paese.
“ Non tutto ciò che affrontiamo può essere cambiato, ma nulla può essere cambiato finchè non viene affrontato “ (cit. James Arthur Baldwin).
 
 
Avv. Corrado Demolli
 
 
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